Italia 1994: cinquecentesimo anniversario dell'opera Summa de arithmetica, geometria, proportioni et proportionalità |
Ben me pare, per amore
de molti idioti, dover ponere fra queste cose speculative qualche piacevolezza,
aciò anche loro s'abino a recordare dell'ordinatore, e anche gli altri dotti
ale volte arà refrigerio assai. Le qual chose non le pongo per regole generali,
anzi per regole particolari, le quali ànno a servire solamente a essi, e anche
de molti altre domande anche se pò in mille modi satisfare; e però non meritano
queste tal domande aver nome de ragioni, perchè la vera ragione è strecta e
ligata dala dalla sua sola e unicha proportione non è possibili satisfarli per
altre quantità, nisi servata proportione.
Doncha queste lal
domande voglio sieno chiamate tastoni, o vol dir bolzoni, che meglio è, perchè
veramente sonno bolzoni, però che sirà ale volte un vil omo che darà una
bastonata a un ben saputo nell'arte appresso al vulgo, però che arà quancheduna
di queste domande ale mani, le quali son state trovate palpitando.
Così si apre il De viribus quantitatis
di frà Luca Pacioli, uno dei più
brillanti matematici del Rinascimento. Pacioli continuò la tradizione
matematica iniziata con Leonardo Pisano, soprattutto nell’opera di divulgazione
delle opere dei matematici dell’antichità riscoperti in Europa per il tramite
degli arabi (a lui si deve una traduzione in latino degli Elementi di Euclide, nel
1509). Ricordato principalmente per la Summa
de arithmetica, geometria, proportioni e proportionalità e per il De Divina Proporzione, con le incisioni
di Leonardo da Vinci, nel De viribus quantitatis
mostra al meglio le due concezioni antitetiche della matematica fra le
quali oscilla: una di natura concreta, legata principalmente alla pratica
commerciale (Pacioli viene inoltre ricordato per aver formalizzato il metodo
contabile della partita doppia, così come la conosciamo) e l'altra di natura
speculativa. In rapporto a quest’ultima egli
non esita ad aderire alle suggestioni mistico-magiche del platonismo umanistico,
che affonda a sua volta le sue radici nelle pratiche misteriche della scuola
pitagorica. Portatore di una visione della conoscenza non legata a una singola
disciplina, Luca Pacioli venne in contatto con numerosi artisti del suo tempo: Leonardo da Vinci, Piero
della Francesca, Leon Battista Alberti, il Bramante, e forse Albrecht Dürer. Il testo
del De viribus quantitatis è diviso in tre parti. La prima parte (Delle
forze naturali cioè de Aritmetica) è certamente quella più importante per la
storia della matematica, perché costituisce una delle prime grandi collezioni
di giochi matematici e problemi dilettevoli. Nella seconda parte (Della virtù
et forza lineare et geometria) Pacioli descrive una decina di giochi topologici
che fino a poco tempo fa si credevano invenzioni più recenti L'opera si
conclude con la terza parte, intitolata De documenti morali utilissimi.
Riguardo ai giochi, Pacioli distingueva tra “Bolzoni” e “Ragioni”. I bolzoni
sono giochi a cui solitamente non si applicano regole o leggi di carattere
generale, che vanno quindi risolti per tentativi, in base all’intuito e che in
genere non richiedono conoscenze formali. Le ragioni invece sono una tipologia
di giochi che richiedono l’applicazione di regole matematiche, regole o procedure,
di carattere generale e quindi atte a risolvere anche problemi di altra natura.
Le tecniche applicate nelle “Ragioni” si prestano quindi a essere
generalizzate, quelle applicate nei “Bolzoni” non sono generalmente spendibili
al di fuori del singolo problema. Non a caso i bolzoni non sono rivolti ai veri
matematici ma a menti più semplici: scrive infatti Pacioli sonno bolzoni, però che sirà ale volte un vil omo che darà una
bastonata a un ben saputo nell'arte appresso al vulgo, però che arà quancheduna
di queste domande ale mani, le quali son state trovate palpitando (sono
bolzoni, scoperti per tentativi, può
accadere che una mente semplice darà una bastonato a chi è ben ferrato nella
matematica).