Tuva,
regione della Siberia centro meridionale ai confini con la Mongolia, appartenne
all’Impero cinese dal 1757 al 1911. Con la caduta della dinastia Qing in Cina e
l’instaurazione della repubblica, la Mongolia e Tuva si dichiararono
indipendenti e si misero sotto la protezione della Russia zarista. Tuva, così
come la Mongolia, adottò il modello di stato teocratico lamaista sul modello
del Tibet. In seguito alla rivoluzione russa del 1917, le truppe bolsceviche
invasero il paese nel 1920. Nella generale confusione di quegli anni di guerra
civile Tuva proclamò di nuovo la propria indipendenza e una rivolta popolare
sostenuta dalla Russia Sovietica istituì nel 1921 la Repubblica Popolare di
Tuva, chiamata fino al 1926 Tannu Tuva. Il primo ministro di Tuva, Donduk Kuular, favorì il
buddismo come religione di stato e cercò di avvicinare il paese alla Mongolia.
Su pressioni dell’Unione Sovietica Kuular venne arrestato e
giustiziato nel 1929. Iniziò così un lungo processo di russificazione, il
buddismo e lo sciamanesimo vennero fortemente contrastati, seppur con scarso
successo, così come il nomadismo della popolazione. Il 25 giugno 1941, tre giorni dopo l’URSS, Tuva
entrò nella seconda guerra mondiale al fianco degli alleati. L’11 ottobre 1944
il Khural (parlamento) approvò l’ingresso del paese nell’Unione Sovietica come
Oblast’ autonoma. Il 10 ottobre 1961 divenne una repubblica autonoma (Repubblica
Socialista Sovietica Autonoma di Tuva) e tale rimase fino al 1992. Oggi è una
delle 21 repubbliche federali della Federazione Russa.
sabato 7 settembre 2013
giovedì 18 luglio 2013
Controrivoluzione e controrivoluzionari in Russia dopo il 1917
A seguito della presa del potere da parte dei Bolscevichi si aprì in Russia una lunga e sanguinosa guerra civile che durò dal 1918 e terminò definitivamente solo nel 1923. Appena dopo che gli Alleati ebbero sconfitti gli Imperi Centrali intervennero tutti nella guerra civile. L'Italia intervenne con la Legione Redenta, formata da ex prigionieri di guerra austro-ungarici di nazionalità italiana e con un corpo di Alpini, in tutto 2.500 uomini che si stabilirono inizialmente nella concessione di Tientsin in Cina e a Murmansk sul golfo di Kola. Le ostilità, all'inizio sporadiche, iniziarono tra l'Armata Rossa e gruppi russi dissidenti, riuniti nella regione del Don nell'Armata dei Volontari e in Siberia in ciò che restava delle forze imperiali e nella Legione Cecoslovacca, formata da ex prigionieri e disertori dell'esercito austro-ungarico. Le forze bianche erano riunite in due amministrazioni anti bolsceviche, il Komuč a Samara e il Governo Nazionalista Siberiano con base a Omsk. La seconda fase del conflitto vede dei successi iniziali da parte delle forze controrivoluzionarie che avanzarono da sud, da nord e dalla Siberia.
In Siberia vennero formati governi nazionalisti o di ispirazione socialista già a partire dal settembre 1918, tutti accomunati dall'opposizione alla rivoluzione bolscevica. I principali furono quelli formati dai Bashkiri, dai Kirghizi, dai Turco-tatari e dal cosiddetto Governo Regionale Siberiano di Omsk. Questi caddero sotto l'influenza del Governo Regionale Siberiano guidato dall'ufficiale bianco Contrammiraglio Aleksandr Vasilevič Kolčak, che con un colpo di stato nel novembre del 1918 si proclamò Ammiraglio e reggente Supremo di Russia. Nella Russia europea intanto le forze bianche iniziarono a subire le prime sconfitte e vennero definitivamente sopraffatte in Crimea. Quello che rimaneva degli eserciti controrivoluzionari in Europa venne evacuato dalle navi alleate a Costantinopoli. In Siberia invece le Armate Bianche opposero una resistenza più consistente, completamente domata solo nel 1923. L'Atamano Grigorij Michailovič Semënov e il Barone Roman von Ungern-Sternberg, due ex ufficiali zaristi, formarono lo Stato Cosacco di Transbaicalia con capitale Cita, mentre gli ucraini residenti in Estremo Oriente formarono nelle zone di occupazione giapponese del Distretto di Ajano-Majskij la repubblica Ucraina dell'Estremo Oriente (la cosiddetta Ucraina Verde, che rappresentava, almeno negli intenti, parte integrante dell'Ucraina europea). I bolscevichi frapposero fra la Russia Sovietica europea e i territori orientali controllati dai giapponesi o dai Bianchi la Repubblica dell'Estremo Oriente. Formalmente indipendente, la repubblica era di fatto controllata dai Bolscevichi. A partire dal gennaio 1922 iniziò uuna progressiva ritirata dei Bianchi e dei giapponesi verso oriente, finchè questi non lasciarono Vladivostok il 25 ottobre dello stesso anno. Le ultime sacche di resistenza bianca in Siberia vennero definitivamente eliminate nel corso del 1923.
Terre scomparse: Castelrosso
Castelrosso, in
greco Kastellòrizo o Megisti (Μεγίστη), in turco Meis, è una piccola isola della Grecia
(9 km²) situata a soli 3 chilometri dalla costa anatolica della Licia.
Nel 1912, durante la guerra italo-turca gli abitanti chiesero l’annessione
all’Italia, che all’epoca venne negata. L’anno successivo il governo greco
inviò da Samos un governatore provvisorio e un certo numero di gendarmi, che
vennero cacciati dalla popolazione il 20 ottobre 1915. il 28 dicembre dello
stesso anno la marina francese occupò l’isola, che poi in seguito al trattato di Sèvres del 1920 venne assegnata all’Italia.
L’Italia ne prese però possesso solo il
1° marzo 1922, quando vi sbarcarono i marinai italiani. In seguito
Castelrosso/Kastellòrizo fu integrata amministrativamente nelle Isole Italiane
dell’Egeo.
martedì 16 luglio 2013
Le dee madri
A
partire dal paleolitico nell’area europea e asiatica si sviluppò il culto delle
cosiddette dee madri: in pietra o in altro materiale duro vennero rappresentate
figure femminili dall’aspetto quasi sempre pletorico, con grandi mammelle,
grandi glutei, vulva segnata e ventre spesso gravido. La terra fruttifera, la
terra madre dispensatrice di vita è rappresentata da donne spesso obese, rappresentazioni
della fertilità della natura: la madre - terra trova forma, nell’immaginazione
e nel culto, nella donna – madre, simbolo universale del fondamento
dell’esistenza e della trasmissione della vita. Comuni a molte civiltà preistoriche,
questi manufatti manifestano ovunque sembianze simili: segno di un comune
denominatore simbolico per rappresentare i concetti di fertilità e prosperità.
La Venere di Willendorf (Austria). Francobollo in 3D
Rinvenuta
nel 1908 a
Willendorf in Austria dall’archeologo Joseph
Szombathy, la cosiddetta Venere di Willendorf è stata datata intorno ai
24000 – 26000 anni fa, è scolpita in pietra calcarea non della zona ed è
dipinta di ocra rossa. Le forme alterate
fanno pensare a una idealizzazione della figura femminile: la vulva e i seni
sono fortemente pronunciati, così come i fianchi, cosa che fa pensare a un
valore simbolico connesso con la fertilità. La testa appare ricoperta da trecce
o da qualche copricapo che ne nascondono il volto e il colore rosso ocra
secondo alcuni studiosi ricorderebbe il sangue mestruale.
|
La
Venere di Brassempouy (in francese La dame à la capuche) è il frammento di una
statuetta in avorio risalente al Paleolitico superiore, scoperto nel 1892 vicino Brassempouy, nel
dipartimento delle Landes nella Francia sud occidentale. Ha un’età stimata di 25000 anni ed è forse la più antica
rappresentazione realistica di un volto umano. La statuetta è scolpita in avorio di mammut, è
alta 3,65 cm,
profonda 2,2 e larga 1,9. La bocca è assente, naso, fronte e sopracciglia sono
scolpite in rilievo. La testa presenta una serie di incisioni a scacchiera, interpretate
come una rappresentazione dei capelli, ma anche come una parrucca o un
cappuccio.
La
Venere di Brassenpouy (Francia)
|
A
Malta il culto della dea madre si sviluppò sotto due forme, oggetto di culto in
luoghi sacri separati: la dea della vita, che presiedeva ai riti riguardanti il
parto, e la dea della morte e della rigenerazione, venerata nei luoghi di
sepoltura. La dea della vita ha forme abbondanti, seni in evidenza e ventre
gravido.
Una Dea seduta trovata negli scavi del cerchio di pietre di Xaghra, aerea
maltese, 4.100 - 2.500 a.C.
|
Ipogeo di Hal Saflieni, la dea doppia, 5000 - 2500 a.C.: rappresenta una coppia di dee sedute
e un probabile riferimento alle figure madre - figlia, simbolo dell'alternarsi delle
stagioni e delle fasi della vita.
|
Posizione
seduta, gambe accavallate, braccia conserte: la “donna grassa” dell’ipogeo di Hal Saflieni a Malta come immagine di fertilità.
|
lunedì 15 luglio 2013
L'occupazione della Libia e del Dodecaneso
Nel 1911, nonostante la diffidenza per le imprese
coloniali il governo italiano di Giovanni Giolitti iniziò, sotto la spinta dei
nazionalisti, dei gruppi finanziari con interessi in Libia e delle fabbriche
d’armi, la guerra con la Turchia per la conquista della Libia. Il conflitto,
iniziato il 5 ottobre 1911 durò un anno. I centri della costa furono facilmente
conquistati, i villaggi arabi all’interno, con l’aiuto dei turchi, resistettero
più a lungo e per molto tempo non furono mai completamente sotto controllo.
L’Italia per costringere la Turchia alla resa occupò inoltre Rodi e le isole
del Dodecaneso. Il 12 ottobre 1912 la Turchia accettò la pace di Losanna e la
Libia divenne colonia italiana, anche se la guerriglia libica, organizzata
dall’Idris di Cirenaica Omar al-Mukhtar, durò per oltre vent’anni.
1911-12: cartolina di propaganda
bellica.
|
26 febbraio 1912: front e retro di cartolina postale illustrata da Misurata in Tripolitania per Campodipietra (Campobasso).
La città di Misurata venne occupata dagli
italiani l'8 luglio del 1912, e poi abbandonata il 19 luglio 1915 a seguito della
ribellione dei Senussi.
Fu quindi rioccupata il 26 febbraio del 1923 da una spedizione organizzata dal
governatore della TripolitaniaGiuseppe Volpi (insignito in seguito dal re del titolo di conte di Misurata)
e guidata dal Generale Pizzarri.
|
L'ex provincia turca della Tripolitania,
incsieme a quelel della Cirenaica e del Fezzan, costituì nel 1934 il
Governatorato generale della Libia. I Libici assunsero lo status di
"cittadini italiani libici". Il primo governatore fu Italo Balbo, che
divise nel 1937 la Libia italiana in quattro province (nel 1939 annesse
al Regno d'Italia) ed un territorio sahariano: la provincia di Tripoli,
la provincia di Bengasi, la provincia di Derna, la provincia di Misurata
e il Territorio Militare del Sud con capoluogo Hun (sede di un comando
militare che aveva il compito di governare il Sahara libico).
5 marzo 1912: fronte e retro di cartolina illustrata da Homs in Tripolitania per Teramo. |
1911: fronte e retro di cartolina postale illustrata di propaganda bellica da catania per Girgenti (Agrigento). |
17 novembre 1912: lettera per Palermo dalla filiale di Tripoli del Banco di Sicilia. Nel dicembre 1911, a guerra in corso, si autorizzavano con Decreto Legge gli Istituti di emissione a aprire filiali a Tripoli e a Bengasi, nonchè in altre località della Tripolitania e della Cirenaica. |
20 agosto 1918: fronte e retro di cartolina illustrata da Bengasi
per Lonigo (Vicenza) affrancata con il 10 c. tipo “Leoni” del 1906
soprastampato”Libia”. Timbro di censura in partenza.
|
14 ottobre 1918: fronte e retro di cartolina illustrata da
Derna (Cirenaica) per Lonigo (Vicenza).
|
Isole Italiane dell'Egeo, 1912-1917: emissioni per ciascuna isola. |
L'occupazione delle isole dell'Egeo da parte delle truppe italiane iniziò tra il 28 aprile e il 12 maggio 1912, nel corso della guerra italo - turca per impedire i rifornimenti in Libia e costringere la Sublime Porta alla resa. In base al trattato di pace di Ouchy dell'ottobre 1912 l'Italia riconosceva la sovranità turca sul Dodecaneso ma lo tratteneva come "garanzia di pace" fino alla completa evacuazione della Libia da parte delle truppe ottomane. Nel frattempo iniziò la prima guerra balcanica, che fece perdere alla Turchia l'Epiro, la Macedonia e gran parte delel isole dell'Egeo e successivamente la prima guerra mondiale. Le truppe italiane proseguirono quindi con l'occupazione delle isole. Con il trattato di sevres del 10 agosto 1920 l'Italia si impegnò a cedere le isole alla Grecia, tranne Rodi e Stampalia. La rivolta di Kemal Pascià e il successivo conflitto greco - turco resero impossibile il passaggio, e così con il congresso di Losanna del 1923 il Dodecaneso, insieme a castelrosso, nel frattempo occupato dalle truppe italiane, venne definitivamente assegnato all'Italia.
In
seguito all’occupazione delle isole dell’Egeo tra l’aprile e il maggio 1912 il
governo ottomano decise l’espulsione degli italiani residenti nel vilayet di
Smirne e successivamente di tutti i cittadini italiani residenti nell’impero,
ad eccezione degli operai addetti alle costruzioni ferroviarie, degli
ecclesiastici e delle vedove. La situazione interessò 7000 italo-levantini di
Smirne e 12000 di Costantinopoli. Molti, per evitare il rimpatrio, optarono per
la cittadinanza ottomana. La comunità italiana era radicata nei territori
ottomani fin dal tempo delle repubbliche marinare, alimentata soprattutto dai
coloni genovesi e veneziani e, in misura minore, napoletani, pisani e
fiorentini.
Famiglia italo-levantina (Costantinopoli, 1898). |
La situazione si ricompose con la stipula del
Trattato di pace di Losanna del 18 ottobre
1912, ove, all'art. 9, si
prevedeva: "Il governo ottomano volendo attestare la sua soddisfazione per
i buoni e leali servizi che gli sono stati resi dai sudditi italiani impiegati
nelle amministrazioni e che egli si era visto forzato a congedare all'epoca
delle ostilità si dichiara pronto a reintegrarli nella situazione che avevano
lasciata. Un trattamento di disponibilità sarà loro pagato nei mesi passati
fuori d'impiego e quest'interruzione di servizio non porterà nessun pregiudizio
a quelli impiegati che avrebbero diritto a una pensione di riposo. Inoltre il
governo ottomano s'impegna ad usare i suoi buoni uffici presso le istituzioni
con le quali è in rapporto (debito pubblico, società ferroviarie, banche ecc.),
perché agiscano nello stesso modo verso i sudditi italiani che erano al loro
servizio e che si trovano in condizioni analoghe". Non tutti i
rimpatriati, comunque, optarono per il
rientro in Turchia.
Terre scomparse: l'Epiro del Nord
Il protocollo di Firenze del
17 dicembre 1913, in base al quale le
potenze europee decisero il riassetto dell’Albania al termine del conflitto con
l’impero ottomano, assegnò il Nord Epiro a quest’ultima. La decisione non venne
accettata dai greci che vivevano nella regione, i quali appena l’esercito greco
si ritirò sulla nuova frontiera istituirono un governo autonomo ad Argirocastro
con il tacito consenso della Grecia. La Repubblica Autonoma del Nord Epiro nacque così il 14 febbraio 1914. Nel mese di maggio
l'autonomia fu confermata dalle grandi potenze con il Protocollo di Corfù.
L'accordo assicurava alla regione una propria amministrazione, riconoscendo i
diritti della popolazione locale e prevedendo l'autogoverno sotto la sovranità
nominale dell'Albania. Questo protocollo non fu mai applicato a causa della
caduta in agosto del governo albanese. A seguito di ciò l'esercito greco occupò
nuovamente la regione nell’ottobre 1914. L’area era nella lista dei territori
che sarebbero stati ceduti alla Grecia dopo la guerra, ma il ritiro del
sostegno italiano e la sconfitta della Grecia nella campagna in Asia Minore
portarono alla cessione definitiva dell’Epiro del Nord all'Albania nel 1921.
Repubblica Autonoma del Nord Epiro (in greco:
Αυτόνομος Δημοκρατία της Βορείου Ηπείρου,
Autónomos Dimokratia Tis Voreíou Ipeírou), 1914:
emissione di Erseka. Questa emissione viene generalmente considerata non
regolare, o comunque diretta più a scopi propagandistici che strettamente
postali.
|
venerdì 12 luglio 2013
Una lettera d'amore ai tempi della Grande Guerra.
Probabilmente quella domenica del 23 maggio 1915, nelle stesse ore in cui il Sig. Virgilio scriveva alla sua Maria, Giuseppe Avarna, ambasciatore del regno d'Italia a Vienna, consegnava la dichiarazione di guerra del nostro paese all'Austria-Ungheria. Dieci mesi dopo l'inizio delle ostilità in Europa, l'Italia si gettava nel conflitto contro gli Imperi centrali. La mattina dopo alle 3,30 le truppe italiane passavano il confine italo-austriaco accompagnate dal tiro degli obici, dirigendosi verso le "terre irredente" della Venezia Giulia, del Friuli, del Trentino.
fronte delle lettera da Sebenico a Zara |
I valori da 5 heller del 1908 con il ritratto dellImperatore Francesco Giuseppe utilizzati come chiudilettera. Di seguito il testo della lettera. |
Iscriviti a:
Post (Atom)