martedì 9 luglio 2013

Dopo Caporetto, in provincia di Treviso




8 novembre 1917: “ci addormentiamo italiani e ci svegliamo austriaci”. Così scrive un frate francescano del convento di Motta di Livenza il giorno in cui gli austriaci arrivarono in paese. Lo stesso giorno erano state occupate anche Belluno, Vittorio e Conegliano.
All’alba del 24 ottobre un’armata austro-tedesca aveva attaccato le posizioni italiane tra Plezzo e Tolmino: i reparti scelti rompono il fronte a Caporetto, nel settore  controllato dal XXVII Corpo d’Armata al comando dell’allora Tenente Generale Pietro Badoglio. E’ il caos. In pochi giorni una fiumana di sbandati che gli alti comandi non sono più in grado di riorganizzare si ritira verso il Piave. Le cifre: 11000 morti, 29000 feriti, quasi 300000 prigionieri, altrettanti sbandati e oltre 300000 profughi. L’intero Friuli occupato. Le truppe degli imperi centrali occupano i territori veneti fino al Piave.





 Cartolina militare in franchigia spedita da un ufficiale della 59° Compagnia Telegrafisti del XXVII Corpo d’Armata.





 Fonti austriache rivelarono in seguito che i messaggi in chiaro inviati dal comando di Badoglio, che indicavano la sua posizione nei reparti, furono sistematicamente intercettati e comunicati all’artiglieria.





Soldati italiani a Caporetto, in una cartolina dell'epoca. 





Francobolli per giornali d’Austria – Ungheria del 1916 e francobolli della posta militare di Austria – Ungheria del 1917, con soprastampa in Lire. 


 Nel trevigiano l’occupazione riguardò i distretti di Oderzo, Conegliano, Vittorio e Valdobbiadene. Il Genio italiano fa saltare i ponti sul Piave a Ponte della Priula e da quel momento il Veneto è tagliato in due. Dei 96 comuni della provincia di Treviso 47 vengono occupati dagli austriaci o dai tedeschi. Tutte le istituzioni pubbliche e private della provincia sulla parte destra del Piave si allontanarono dal fronte: le banche si trasferirono in Toscana, in Emilia, a Roma; il catasto a Parma, la provincia di Treviso a Modena. Il sindaco di Treviso Bricito e parte della giunta riparano a Pistoia, e in città arriva il capitano dell’esercito Lorenzo Battistel, già segretario comunale di Susegana, che assume le funzioni di commissario prefettizio. Il problema principale che il capitano Battistel si trovò a fronteggiare fu quello dei profughi, che venivano smistati in tutta Italia nella misura di circa 2000 al giorno. Ai profughi veri e propri si aggiunsero anche gli sfollati dalla zona immediatamente a ridosso del fronte, una fascia di almeno cinque chilometri alla destra del Piave. Le popolazioni venivano raccolte nei comuni di Monastier, Roncade, San Biagio di Callalta. Le campagne e i casali abbandonati in fretta e furia vennero fatti oggetto di saccheggi e malversazioni da parte di singoli militari, ma anche da parte di interi reparti.  Il grande afflusso di militari e di sfollati creò disagi enormi, malumore e risentimento nella popolazione rimasta, sconvolse la vita quotidiana e le sue  abitudini. Scoppiarono disordini tra civili e soldati, in particolare a Castelfranco e Follina.
A Treviso e provincia gli uomini validi rimasti vennero adibiti al potenziamento del campo trincerato, la cui costruzione era stata iniziata da Cadorna dopo la spedizione punitiva del 1917 e che all’epoca comprendeva un sistema difensivo della profondità complessiva di circa nove chilometri, che includeva in parte i comuni limitrofi e si raccordava con le fortificazioni del Montello.






Bunker in cemento armato sul Montello, costruito sfruttando una grotta carsica dall’artiglieria italiana.

Vista sul Piave dall’interno dello stesso bunker.

 La città di Treviso e i dintorni vennero colpiti da un intenso bombardamento, sul solo capoluogo caddero 1526 bombe che causarono una quarantina di morti, oltre a danni gravissimi agli edifici: delle 2200 case adibite a civile abitazione, dopo la guerra erano agibili solo 400, 100 erano state completamente rase al suolo e le altre risultavano seriamente danneggiate. Il personale delle amministrazioni pubbliche aveva, come si è detto, abbandonato quasi in massa la città, ai pochi impiegati e insegnanti rimasti in città vengono offerti incentivi economici qualora accettino di riprendere servizio.

Lettera del commissario prefettizio di Treviso Lorenzo Battistel.



Le conseguenze dell’occupazione, sugli equilibri della società rurale e più in generale sull’economia complessiva, furono disastrose. Per la difesa di Treviso, i terreni fra il Sile e il Piave erano stati allagati e la mancanza di idrovore aveva reso inagibili quasi 3500 ettari di campi. La superficie coltivabile si era drasticamente ridotta; e il ripristino della funzionalità di quelle terre durò per quasi tutti gli anni venti. Anche i bestiame era stato falcidiato: dal 1917 al 1918 il numero dei maiali passò da 18000 a 1100, quello dei bovini da 57000 a 6100, gli ovini da 13200 a 2200, i cavalli da 9000 a 1800. Le campagne erano in una situazione pietosa, sul Montello, a San Biagio di Callalta e Monastier il Genio militare stimò alla fine del conflitto una presenza di ordigni inesplosi pari a circa 200 per ettaro. In tali condizioni la coltivazione della terra diventava estremamente difficile; i lavori di aratura dei campi della primavera del 1919 poterono essere effettuati solo grazie all’intervento di gruppi di artiglieria che contribuirono con i loro trattori. Il governo istituì gruppi di rastrellatori addetti alla bonifica del territorio composti da civili e militari, i quali portavano una fascia al braccio per non essere confusi con i cosiddetti recuperanti, civili residenti che per loro conto cercavano i residuati sul territorio per rivendere il metallo sul mercato. Spesso scoppiarono incidenti tra i rastrellatori e i recuperanti. Nel gennaio del 1920, ad esempio, scoppiò a S. Andrea di Barbarana (oggi frazione del comune di S. Biagio di Callalta) una rissa furibonda tra queste due categorie di bonificatori, che portò al trasferimento a Maserada del gruppo di rastrellatori di stanza in paese. Per la difesa di Treviso, i terreni fra il Sile e il Piave erano stati allagati e la mancanza di idrovore aveva reso inagibili quasi 3500 ettari di campi. La superficie coltivabile si era drasticamente ridotta; e il ripristino della funzionalità di quelle terre durò per quasi tutti gli anni venti.
Le conseguenze della guerra e di quei lunghi mesi di occupazione furono quindi drammatiche, il tessuto economico e sociale dei territori coinvolti ne uscì drasticamente sconvolto e le conseguenze si protrassero ben oltre il termine del conflitto, facendosi sentire fino al secondo dopoguerra.

























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